Da diversi anni i bambini e i preadolescenti hanno a disposizione tecnologie potenti, strumenti dalle capacità infinte che li iperconnettono tra loro e con il mondo infinito di internet e dei social. Vita reale e vita virtuale si mescolano, si confondono: è la ONLIFE, come l’ha definita il filosofo Luciano Floridi, nella quale lo smartphone viene utilizzato in modo compulsivo, come una droga, alla ricerca spasmodica di like che garantiscono successo e popolarità. Ecco cosa emerge dagli smartphone che stanno rovinando una generazione: pose provocanti, sesso in pubblico, ricatti psicologici, violenza di ogni tipo.
Vi racconto una scena. Una famiglia come tante al ristorante: papà, mamma e la figlia dodicenne costantemente al cellulare. “Stai sempre al cellulare” la rimprovera il padre, senza convinzione. Lei si alza indifferente e dice: “Vado in bagno”, come fosse una risposta. Chiude la porta a chiave, solleva la maglietta e fotografa allo specchio i seni acerbi. Invio. Si gira di schiena, abbassa i pantaloni per mostrare l’intimo e scatta di nuovo. Invio. Quando torna al tavolo la mamma le sta amorevolmente tagliando la pizza.
Altra scena. In 5 elementare i genitori regalano il cellulare ad una ragazzina ed in 1 media le concedono di connettersi ai servizi di messaggistica e ai social. “Non possiamo tagliarla fuori dalla sua generazione”, affermano. Da quel cellulare emergono conversazioni su Instagram Direct e WhatsApp infarcite di parolacce, riferimenti all’acquisto di macchinette per “svapare” e a compagni di scuola che usano marijuana, sexting con le sue foto nuda, baci saffici, immagini di genitali maschili in erezione, fino a filmati di masturbazione e sesso orale praticato dalla giovanissima nel bagno di un McDonald’s. Con le amiche, tante, tantissime, parlano di esperienze simili. Non è la bambina dolce ed educata che i genitori credevano di avere in casa.
Benvenuti nel nuovo mondo dei nostri figli. Sesso casuale, bestemmie, inni a Adolf Hitler e all’Isis, droga, soprusi. Scabroso? Certo. Diffuso? Più di quanto osiamo temere.
Questi casi non sono isolati. Un sondaggio di Pepita Onlus, cooperativa di professionisti dedicata a interventi educativi, su 1.227 ragazzi ha rilevato come questa tendenza a condividere immagini o video di natura sessuale (Sexting) sia endemica tra i nati dal 2005 al 2007. Il 96% dichiara di aver condiviso foto o video a contenuto sessuale (tra i nati dal 1999 al 2004 la percentuale scende al 33%). I motivi? Essere popolare, divertirsi. Siamo in un ‘epoca di erotizzazione precoce e quello che si conosce è solo la punta dell’iceberg; questi ragazzini vivono tutto su internet, velocemente, con una fragilità di sentimenti che unisce dipendenza tecnologica e affettiva. A 12-13 anni ormai si avvicinano al sesso e i primi rapporti avvengono sotto forma di ricatto psicologico. Un problema che riguarda soprattutto le ragazzine che rimangono appese al messaggio del ragazzotto che le dà la buonanotte. Ricordiamo il caso della ragazzina che si è presentata in ospedale con un ‘ustione alla guancia perché il fidanzato le ha chiesto di rimanere al telefono con lui fino al mattino. È facile finire irretiti. Il fidanzato dice: «Facciamo un gioco», oppure «Ti mando una mia foto». E certo non è quella del sorriso. Poi continua: «Se mi ami, mandamene una tu». Lei rifiuta la prima volta. Lui insiste: «Io mi sono fidato, tu invece no. Se non la invii significa che non mi ami, quindi devo lasciarti…» E allora lei cede. Dalle foto si passa al video e qualche volta all’incontro fisico. Il ragazzo quasi sempre condivide tutto con gli amici, a scuola, e così gli scatti cominciano a girare.
Il sesso è banalizzato, cresce in modo inquietante la componente violenta e la garanzia dell’anonimato (grazie a ThisCrush, social collegato ad Instagram) da la possibilità di superare l’imbarazzo adolescenziale con messaggi “da sconosciuti”, permettendo quindi di esprimere tutto: odio, disprezzo e volgarità.
Una delle domande che dobbiamo farci è: “come inciderà tutto questo sulla personalità di un adolescente?” i ragazzini si sentono forti, chiusi nelle loro stanze, dietro i monitor, pensando di essere invisibili (ma noi adulti sappiamo che non è così, ogni device può essere rintracciato). Il fenomeno è trasversale e l’età critica è quella delle medie. Ma ci troviamo davanti anche a bambini e bambine di dieci anni. Pensano di non fare niente di male, condividono foto del loro corpo, spesso in modo inconsapevole. La rete è particolarmente aggressiva verso le ragazze. A volte è così insopportabile che si arriva al suicidio, come fu per Carolina Picchio, che nel 2013 si uccise a 14 anni per cyberbullismo.
Il nostro compito è e resta fondamentalmente uno: EDUCARE QUESTI GIOVANISSIMI ALLA SESSUALITA’; aiutarli cioè a connettere il proprio corpo, con i propri pensieri e le proprie emozioni. E’ dimostrato che l’educazione sessuale nelle scuole porta gli studenti a ritardare l’età del primo rapporto perché MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA PORTA E MAGGIORE RESPONSABILITA’.